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511 album da riascoltare Pt.4

25 aprile 2020

Blog 04

AMY WINEHOUSE – BACK TO BLACK

Secondo disco della cantante dall’incredibile voce “soul”, zeppo di hit clamorose che l’avrebbero fatta amare anche da parte di chi è alieno da sonorità del genere, Amy Winehouse in Back To Black racconta non solo il suo presente ed il suo passato ma soprattutto il suo futuro, così come Closer dei Joy Division e In Utero dei Nirvana, parlando naturalmente dei rispettivi frontmen. Terribile dirlo ma la sua morte era già scritta ed è tutta in questo incredibile disco.

BRUNORI SAS – A CASA TUTTO BENE

Allegria che ti lascia un retrogusto amarissimo in testa. Questo è Brunori Sas che, pur mantenendo in diversi pezzi una leggerezza musicale, sforna testi sempre più impegnati e che ti portano a riflettere anche quando il brano finisce. L’inizio del disco è folgorante con i primi quattro pezzi che consolidano il successo del disco, passando da temi d’attualità a quelli più personali, intimistici o lavorativi che siano. Un Signor album, uno dei Lati A più intellettuali di sempre nella storia della musica italiana, a livello dei grandissimi cantautori impegnati degli anni ’70.

BUILT TO SPILL – THERE’S NOTHING WRONG WITH LOVE

Precursori negli anni ’90 della futura e mai meglio definita “nebulosa Indie” alla pari dei Neutral Milk Hotel (arriveremo anche a loro), There’s Nothing Wrong With Love per gli amanti di quel rock senza troppe pretese, con le chitarre ancora in primo piano ed un cantato che non nasconde influenze alla Jane’s Addiction e il mondo alternativo circostante.

BURIAL – TRUANT/ROUGH SLEEPER EP

BURIAL – KINDRED EP

BURIAL – RIVEL DEALER EP

BURIAL – STREET HALO EP

BURIAL – BURIAL

Una delle mie “fisse”, il musicista inglese misantropo e con una totale ripugnanza negli spostamenti, soprattutto aerei, che l’ha portato a centellinare ai minimi termini le uscite dal vivo. In compenso Burial ha sfornato una serie invidiabile di EP a contorno dei pochissimi LP pubblicati, in primis il self-titled in mio possesso. Il valore del musicista che combina elettronica, low-tempo, dub-step e rarissime campionature di voci femminili, è tutto negli EP, con la musica che rallenta fino a sparire per diversi angoscianti secondi per poi ripartire con altre tonalità, altri bpm, altri ritmi rispetto a quanto sentito poco prima… sempre nella stessa canzone. Da “DJ” incapace come il sottoscritto, i pezzi di Burial sono perfetti per i passaggi da un brano all’altro, con quel sottofondo di confusione ed incertezza a cui non servono ulteriori effetti.

CALCUTTA – MAINSTREAM

CALCUTTA – EVERGREEN

Aneddotiamo pure su Calcutta: intrippato completamente da “Oroscopo”, mi ritrovo a Bologna con in mano il vinile di debutto del musicista ma senza quella traccia. Chiesto al negoziante e cercato ulteriori informazioni sull’internet, scopro che “Oroscopo” non è uscito nemmeno come singolo in vinile. Vabbè, compro lo stesso il disco perchè comunque ci sono altri due-tre pezzi che valgono (alla fine saranno di più ma vabbè). Tornato a casa, non lo ascolto per giorni finchè mi decido a metterlo sul piatto, almeno una settimana dopo l’acquisto. Arrivato alla fine del lato B, da un’altra stanza sentivo che dopo l’ultima canzone, “Albero”, il disco continuava a girare finchè dopo pochi minuti sono partite le prime note di “Oroscopo”, che ho scoperto essere la Ghost Track del disco.  Felice come non mai, ho consumato nei giorni successivi quei solchi di un disco che avrei dovuto ascoltare subito dopo essere tornato a casa. Evergreen non raggiunge la bellezza del disco di debutto di Calcutta ma ci sono almeno un paio di pezzi con la melodia tanto accattivante da faticare poi a togliersela dalla testa… tanto di cappello a Calcutta ma i fuoriclasse italiani, di commerciabilità, sono Takagi & Ketra, collaboratori non solo del cantante di Latina ma veri artefici dei successi di altre decine di musicisti “indie”.

THE CARDIGANS – ERASE/REWIND (PROMOTIONAL SINGLE)

Recuperato alla mostra del Disco di Pordenone, oltre al singolo in versione originale il vinile presenta cinque altre versioni di Erase/Rewind remixate da altrettanti DJ. Una più ritmata, una che si spinge a bpm bassissimi, effetti come piovesse, voce filtrata e/o effettata, Erase/Rewind “tiene botta” anche nei vari remix, con due picchi notevoli nelle versioni Naid Remix, molto “daftpunkiana”, e Fridge Remix, con sonorità che si avvicinano al dubsteb, bassi accentuati e cantato in secondo piano.

THE CARDIGANS – GRAN TURISMO

Buon disco che arriva quasi al livello del loro precedente lavoro, First Band On The Moon, Gran Turismo  ha due pezzi che svettano inevitabilmente sul resto dei brani, la già citata Erase/Rewind e My Favourite Game, quest’ultima canzone trascinata da un video di forte impatto. Pezzi meno spensierati di Lovefool che ha fatto conoscere i Cardigans al grande pubblico, Gran Turismo forse è invecchiato però meno bene del disco precedente.

JOY DIVISION – UNKNOWN PLEASURES

JOY DIVISION – CLOSER

Unknown Pleasures e Closer sono gli unici due LP inediti pubblicati dalla band inglese. Se il primo è uno dei miei dischi preferiti, Closer E’ il mio disco preferito in assoluto, con il trittico, uno dopo l’altro in preda ad uno stato di ansia crescente, “Heart & Soul” “Twenty Four Hours” e “The Eternal” che personalmente è l’apice assoluto della musica. Se quei tre pezzi si prendono un 10 pieno di voto, gli altri brani del disco se la giocano, dall’8 al 9, a rendere così Closer un album perfetto. Perfetto e lacrimevole, a considerazione che il suicidio di Ian Curtis, come già scritto per Amy Winehouse a inizio post, era già tutto scritto in quei testi che non lasciavano alcuna speranza.

METALLICA – RIDE THE LIGHTNING

Eccoci ad un considerevole balzo in avanti con le lettere visto che, da adesso in poi, la scaffalatura mi “sputa fuori” dischi in perfetto disordine alfabetico. E veniamo al mio disco preferito dei Metallica. Non il più perfetto, non il più potente, non quello cantato meglio (anzi) e nemmeno quello suonato meglio ma quello che ha posto le basi della scaletta perfetta della band californiana per i successivi dischi, dal clamoroso “Master Of Puppets” a quel “… and Justice For All” che continua a portarsi dietro la maledizione del basso che non c’è. La prima canzone utile a scatenare l’adrenalina, la seconda è la lunghissima title-track, la terza rallenta i ritmi fino al quarto brano che è una semi-ballad. Ecco quindi arrivare il lato B con brani rocciosi, da ascoltare in apnea per concludersi con opere strumentali e sperimentali. Ride The Lightning è lo stampo imperfetto dei successivi capolavori dei Metallica ma, come ogni stampo, è quello originale, quello sul quale si sono poste le basi del futuro. E per questo il mio preferito.

SEPULTURA – ROOTS

Dopo aver scritto del mio disco prediletto di tutti i tempi, ecco il mio LP preferito se consideriamo solo l’ambito Metal. Roots, spesso definito un insulto senza mezzi termini per i duri e puri, è la perfetta mescolanza di suoni power-thrash con le attitudini musicali aborigene del Brasile, la Nazione dei Sepultura, qui al loro ultimo disco con la formazione storica. Da queste radici i Sepultura ne usciranno distrutti, un titolo premonizione per una Band che ha provato a riscoprire sè stessa enfatizzando al massimo le sperimentazioni di Chaos A.D. spingendosi a registrare buona parte di Roots nei villaggi tribali. Roots Bloody Roots non raggiunge forse l’epicità violenta di Refuse/Resist ma “Attitude” rimane uno dei brani più fomentanti di sempre, con il Berimbau (tipico strumento musicale indigeno) che apre le danze ad una violenza inaudita e ad un ritornello da urlare a squarciagola fino a perdere la voce, pezzo accompagnato da un video altrettanto fomentante che riprende momenti della nascente scena delle Mixed Martial Arts. Il disco continua la sua evoluzione interna abbinando sempre più ritmi e voci tribali a musicalità metal spintissime, sia sullo stile Power-Thrash ma anche Nu-Metal avvicinandosi agli amici Korn, dei quali il cantante Jonathan Davis è presente come backing-vocal in uno dei brani. Ratamahatta è la genesi di tutte le produzioni future di Max Cavalera con i Soulfly ma l’ambientazione tribale si sente in ogni secondo di Roots, per i quali spenderei ancora ore di parole e di musica, che si conclude nella sensazione di essere dentro la Foresta Amazzonica, con quegli ultimi secondi che riprendono l’inizio del disco in un loop infinito.

TIMORIA – VIAGGIO SENZA VENTO

Il capolavoro dei Timoria, l’album che li ha fatti conoscere al grande pubblico e ha sdoganato il rock alternativo in Italia. “Sangue Impazzito” scala le classifiche dei migliori testi italiani di sempre, con quell’inizio da brividi… “Uomini, domenica – Gente che allegra va – Risveglia la città – Dormono le fabbriche – In giro ancora io – Vivo non lo so – E incontro anche te – Che corri a pregare un po’ Dio – La strada la so… – E penso che un – tempo quel tempio era mio – E mi chiedo perchè un giorno ho detto addio”. Quando la domenica, laica o religiosa che sia, era ancora un giorno per non pensare al lavoro.

TOM WAITS – CLOSING TIME

Non il mio genere, personalmente Closing Time si presta perfettamente a musica di sottofondo permettendomi di portare avanti il lavoro primario senza distrazioni. Innegabile la bravura di Tom Waits, la qualità dei pezzi, ma è uno di quegli album a me “alieni”, per colpe esclusivamente mie.

U2 – OCTOBER

C’era un tempo in cui lo scettro di Re della New-wave, dopo la prematura fine dei Joy Division, è stato conteso dagli Echo & The Bunnymen e dagli U2 con i primi in strettissimo vantaggio. Poi la Storia Musicale ha scritto il suo corso e tutti noi sappiamo cosa sono diventati gli U2. Prima del grande riconoscimento mediatico mondiale, la band di Edge & Bono Vox scalava le classifiche come nuovi enfant-prodige nella New Wave con il primo trittico musicale di assoluta qualità, Boy, October, War con quest’ultimo che ha al suo interno i primi pezzi divenuti immortali. October, come d’altronde Boy, è un preludio a tutto questo; sono gli U2 ancora inseriti nel firmamento new-wave ma che già si sentono troppo stretti nelle etichette musicali e così tra ricordi post-punk e qualche spinta più moderna dal cilidro ecco uscire “Gloria” e “Fire” dal disco, forse il più debole della band ma necessario per la loro evoluzione futura.

TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI – MONDO NAIF

E’ il primo lavoro dei TARM, originariamente uscito solamente in musicassetta e ristampato solo decenni dopo in vinile ed in cd. Ma sono già i TARM che noi tutti conosciamo, magari più punk e meno cerebrali ma l’essenza era già quella; i TARM con Mondo Naif sono già pronti a sfornare capolavori e questo disco ne è la prova: sarebbe riduttivo fermarsi a due canzoni quando tutto l’album merita dall’inizio alla fine ma molti di questi pezzi alla fine sono finite in tutte le scalette live della band, da “come mi vuoi” a “guerra civile”, da “15 anni gà” a… tutto il disco. Sinceramente.

TUBEWAY ARMY – REPLICAS

Tubeway Army. Replicas. Una delle band più influenti di sempre, uno dei dischi più importanti di sempre. La cosa più buffa è che pochissimi conoscono la band di Gary Numan e ancor meno le canzoni contenute in Replicas. Pure io fino a fine anni ’90 ero ignaro di tutto questo ma, una volta ascoltato il disco, mi si è aperto un mondo. Un mondo fatto di riferimenti, di omaggi, di citazioni prese dai Tubeway Army. Elettronica embrionale, già sviluppata da altri artisti ma portata ai massimi livelli da Gary Numan, i primi cinque pezzi sono da ascoltare uno dopo l’altro in modalità “concentrazione” e senza fare null’altro. “Are ‘Friends’ Electric?” è la summa di tutto questo parlare. Nella Top5 dei miei dischi preferiti degli anni ’70.

VASCO ROSSI – LE CANZONI D’AMORE

VASCO ROSSI – COSA SUCCEDE IN CITTA’

VASCO ROSSI – BOLLICINE

Va beh se proprio te lo devo dire. Inutile nemmeno scrivere su Vasco Rossi: fan del Blasco ma anche gli “haters” conoscono ogni sua mossa, ogni sua nota, ogni sua canzone. Questo è certo. O quasi. Le Canzoni D’Amore è una raccolta “bootleg” classica di quel periodo, a traino dei lavori ufficiali del cantante in ascesa. Cosa Succede In Città e, due anni prima, Bollicine sono capolavori riconosciuti dai fans e dalla critica sui quali è inutile spendere troppe parole. Nonostante l’esperienza del carcere vissuta in quel periodo, i due dischi mantengono comunque una leggerezza di fondo ad esclusione di pochi brani che alla fine risulteranno i migliori dei due dischi, assieme alle immortali ballad quali “dormi, dormi” e “una canzone per te”.

THE WHITE STRIPES – ELEPHANT

Un post pieno di capolavori, ancor più commerciali. Elephant è quel monumentale disco che inizia con “Seven Nation Army”, la canzone divenuta famosa in terra Italica per il “popopopo” di qualche mondiale calcistico fà. Elephant non è naturalmente solo quello altrimenti non si spiega il successo mondiale del disco, ma la batteria sincopata di Meg White e la chitarra bluesy e minimale di Jack White sfornano altri pezzi di assoluta qualità come “The Hardest Button Of Button” ma soprattutto uno dei più bei brani folk degli ultimi anni, “It’s True That We Love One Another”, canzone di chiusura del disco e cantato a tre voci da Jack, Meg e Holly Golightly.

ZUCCHERO – BLUE’S

Blue’s è il disco di Zucchero con al suo interno, respiro profondo, “Solo una sana consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica”, uno dei titoli più lunghi di sempre ma che dietro questa particolarità da Guinness si cela un brano comunque orecchiabile e uno dei più conosciuti del Bluesman italiano che di cognome fà Fornaciari. Leggero, struggente, a volte impegnato ma spesso no, Blue’s prova a portare avanti il suo titolo riuscendoci quasi sempre ma senza dimenticarci qual è il reale significato di “Blue” nella musica: le note “blu” che portano l’ascoltatore a prediligere una musica agitata e depressa allo stesso tempo.

AA.VV. – THE BIG LEBOWSKI OST

AA.VV. – CANTI RIVOLUZIONARI ITALIANI

Chiudo con due Compilation: una del celebre film “Il Grande Lebowski” dei fratelli Coen, intrisa di Blues, Soul e low-tempo, canzoni che abbiamo sentito tutti durante la visione di uno dei più bei e spensierati movie di sempre ma brani conosciutissimi anche fuori dal grande schermo e che già trasudavano immortalità, da Bob Dylan a Captain Beefheart, dai Gipsy Kings a Nina Simone e ancora altro… ed infine la seconda raccolta che fin dal titolo spiega chiaramente cosa ci sia al suo interno, ovvero i brani rivoluzionari rossi più importanti di sempre, da “L’Internazionale” all’ “Inno dei Lavoratori” passando a “Bandiera Rossa” e “Contessa” ma non solo. Lacrime, brividi e pugno chiuso sempre.